Guarda la scena vuota. Vivi l’umiliazione. Philip Roth.

(di Livia Castiglioni)

Simon Axler, celebre attore teatrale, perde il proprio talento e non riesce più a recitare. In un seducente incipit di poche righe, Philip Roth scolpisce con pochi tratti essenziali e sintetici il resoconto della fine di una carriera. Ascesa e caduta. Ci troviamo a che fare con un uomo, ormai sessantenne, professionista affermato, che è divorato e logorato ogni giorno di più dal tormento di aver perso la propria magia, la propria arte; fine delle certezze e delle sicurezze.

Come Nina nel celebre “Gabbiano” di Cechov ( opera in cui è stato un celebre interprete del personaggio di Trepliev), Simon Axler non è più in grado di stare sulla scena, non sa come muovere le mani, non riesce a dominare la voce; è ossessionato dalla sensazione di recitare in maniera orribile. Se Cechov mette Nina a confronto con un gabbiano, Philip Roth mette Axler nella condizione di vedere se stesso simile a un goffo e spaurito opossum, visto un giorno nella neve poco vicino a casa. Fine delle certezze e delle sicurezze, abbandonato dalla compagna ex ballerina si ritrova ex attore sull’orlo di una crisi di nervi; inesorabilmente colto dalla depressione si crogiola in velleitarie fantasie sul suicidio, unica messinscena a cui si sentirebbe di partecipare.

Dopo un dovuto soggiorno in una clinica psichiatrica ecco che Simon Axler ricomincia a vedere la luce. Ma non quella dei riflettori del palcoscenico, non quella degli studi cinematografici; ma – in un passaggio che sembra quasi scontato e banale – quella della passione.
Se non fosse che Roth, da narratore sapiente e accattivante, trasforma con arguzia il clichè della donna ‘che salva l’uomo sull’orlo del baratro’. Come? Basta aggiungere qua e là qualche segno particolare, ma con misura: Pegeen ha 40 anni; insegna Scienze Ambientali all’Università; e fin qui tutto bene; è lesbica dall’età di 23 anni. Ha una ex amante datrice di lavoro molto bella e non ancora rassegnata. Il resto è da scoprire. Una coppia strana e improbabile che inizia a intrecciare una relazione erotica e sentimentale quasi borderline.

In tre capitoli Roth ci trascina e ci fa precipitare quasi senza che ce ne accorgiamo in mondi paralleli ma di respiro totalmente diverso. Si parte con una elegante e raffinata atmosfera quasi da acidi telefoni bianchi di una off e on Broadway dei giorni nostri, passando dalla clinica psichiatrica alto borghese. Poi ci butta nell’isolamento ovattato di una elegante casa fuori città immersa nella neve, in cui vediamo nascere la relazione tra questi due individui precipitati insieme da universi lontani anni luce. Infine, ultimo atto, il terzo capitolo è un vortice senza scampo con tratti inaspettati di letteratura erotica, in cui Roth non fa economia di dettagli feticisti ed insoliti.

Philip Roth va a scandagliare con sguardo graffiante ma puro illusioni e paure, ci gioca servendosi dell’ironia, ma poi non concede espiazioni e compromessi: la realtà ci viene buttata in faccia come un pugno, mostrandosi per la grossa messinscena che è.


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